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Alfieri (Pd):”Draghi è una garanzia al Quirinale o a Chigi: guai a perderlo”

INTERVISTA AD ALESSANDRO ALFIERI, senatore del Pd e coordinatore della corrente Base riformista – “Per il Quirinale puntiamo a una candidatura di alto profilo insieme a tutte le forze che sostengono l’attuale governo: questa scelta va di pari passo con la continuità dell’Esecutivo. Draghi è un bene prezioso e va tutelato: il Paese non può perderlo” – I contenuti del Patto di legislatura – Nel Pd guadagna terreno l’idea di una “legge elettorale proporzionale con soglia alta”

Alfieri (Pd):”Draghi è una garanzia al Quirinale o a Chigi: guai a perderlo”

L’uscita di scena di Silvio Berlusconi dalla corsa al Quirinale è certamente un primo punto fermo e la fine di un insostenibile equivoco, ma la battaglia per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e, al tempo stesso, per la stabilità del Governo nell’ultimo anno della legislatura rimane una strada in salita. Di personalità dell’autorevolezza di Mario Draghi ce ne vorrebbero due ma, essendo impossibile anche per SuperMario sdoppiarsi, la scelta tra il Quirinale e Palazzo Chigi è ardua e condiziona certamente le mosse della politica dei prossimi giorni, a partire dalla prima votazione di lunedì pomeriggio per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Un ruolo fondamentale avrà il Pd anche se, a differenza di altre volte, non ha i numeri per dare le carte da solo. Servirà pazienza e ragionevolezza. Ma la partita è di sicuro avvincente. Ecco che cosa ne pensa, in questa intervista a FIRSTonline, il senatore Alessandro Alfieri, 50 anni fra pochi giorni, lombardo, laurea in Economia aziendale alla Bocconi, coordinatore nazionale della corrente Base Riformista e uno degli astri nascenti della generazione dei 40-50enni del gruppo dirigente del Pd.

Anche dopo il ritiro della candidatura di Silvio Berlusconi, le imminenti elezioni del Presidente della Repubblica sembrano dominate dalla doppia incognita Draghi (candidabile sia per il Quirinale che per la permanenza a Palazzo Chigi) e anche dalla doppia sfida che attende il Paese: quella di individuare un Capo dello Stato che rappresenti l’Italia al meglio e quella di non sprecare l’occasione unica che sta davanti al Paese utilizzando i fondi del Next Generation Eu e approvando le riforme che l’Europa ci chiede per aprire una prospettiva di crescita duratura e stabile. In relazione a tutto ciò, secondo Lei, sarebbe preferibile eleggere Draghi alla Presidenza della Repubblica o mantenerlo ben saldo alla guida del Governo?

“La sfida del PNRR non rappresenta solo l’occasione per uscire dalla pandemia e far ripartire il Paese, ma anche e soprattutto per disegnare l’Italia del futuro superando alcuni ritardi storici. Inoltre, essendo i maggiori beneficiari del Next Generation EU, appare evidente che siamo l’osservato speciale in Europa. Non possiamo sprecare questa occasione, giocandoci il capitale di credibilità accresciuto sotto la guida di Mario Draghi. Per portare a casa le risorse del PNRR previste per il 2022 servirà un governo stabile e nel pieno delle sue funzioni. Oltre 40 miliardi a cui l’Italia potrà accedere se centrerà 102 obiettivi, di cui 66 sono riforme. Draghi è una garanzia. Il nostro Paese non può perderlo: in entrambi i ruoli farebbe bene. Proprio per questo, in questi giorni la sua figura va tutelata e il suo nome trattato con cura”.

Comunque si concluda l’elezione del Presidente della Repubblica, la necessità di aprire il dossier Governo e di verificare il perimetro della maggioranza, la composizione dell’Esecutivo e, se Draghi salisse al Quirinale, di individuare un nuovo premier sembrano ineluttabili: Lei come vede questa partita?

“Un passo alla volta. Noi abbiamo fin dall’inizio affermato un principio: lavorare per trovare una candidatura di alto profilo insieme a tutte le forze politiche che sostengono l’attuale governo. Di conseguenza non potrà essere una candidatura divisiva, come ad esempio un capo di partito o un leader di coalizione. Forzare su una candidatura di parte racimolando voti nel mare magnum del gruppo misto avrebbe l’immediata conseguenza di mandare in fibrillazione il governo. Questa regola vale evidentemente anche per l’ipotesi Draghi. Perimetro delle forze che indicano e votano il nuovo Presidente e quello che deve garantire la continuità dell’azione di governo si tengono”.

Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha proposto che, insieme alla scelta del nuovo Capo dello Stato, le forze politiche contraggano un patto di legislatura che permetta al Governo e al Parlamento di lavorare senza scossoni fino al 2023 e di far fronte alle principali sfide che il Paese ha di fronte: quali dovrebbero essere i contenuti del patto?

“Strategia condivisa per uscire dall’emergenza pandemica: per tornare alla normalità serve fermezza sulle misure di tutela della salute; provvedimenti straordinari per affrontare il rincaro delle materie prime energetiche che si scarica sulle bollette degli italiani; e la messa a terra del PNRR, aiutando enti locali e soggetti territoriali a fare buoni progetti e a spendere bene i soldi europei; infine alcune riforme istituzionali mirate, a partire da quella della legge elettorale”.

La riforma della legge elettorale è una delle principali questioni aperte dell’ultima parte della legislatura ma non si è mai ben capito se il Pd preferisca una legge proporzionale o maggioritaria: come stanno le cose e che probabilità ci sono che si torni effettivamente a una legge proporzionale ?

“Registro positivamente che nell’ultima direzione nazionale lo stesso segretario Letta abbia aperto alla modifica della legge elettorale subito dopo l’elezione del Presidente. La maggior parte dei dirigenti nazionali del PD si stanno esprimendo per una riforma in senso proporzionale con soglia alta. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che l’attuale legge sia pessima, soprattutto perché, complice il taglio dei parlamentari, comprime la rappresentanza territoriale soprattutto nelle regioni più piccole, oltre ad impedire agli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti”.

Torniamo alle elezioni presidenziali, i numeri dicono che il centrodestra, essendo maggioranza in Parlamento, ha tutto il diritto di avanzare una candidatura che possa raccogliere i consensi anche di una parte o di tutto il centrosinistra: quali sarebbero i nomi che il centrodestra potrebbe fare per ricevere anche i vostri voti?

“Chiariamo un aspetto: il centrodestra non è maggioranza in Parlamento. A meno che si voglia considerare Italia Viva parte integrale del centrodestra, cosa che Renzi ha smentito categoricamente. Gli attuali schieramenti si equivalgono. Motivo per cui nessuno ha un diritto di prelazione. L’unica strada possibile è il confronto tra le forze di maggioranza per trovare un nome “di incontro”, che sappia unire. Serve al Paese, ma serve anche a dare stabilità al governo”.

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