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Trasporto pubblico: l’abuso dello sciopero va fermato

La frammentazione delle sigle sindacali ha creato effetti distorsivi e nei servizi pubblici i cittadini sono ostaggio del ricatto dei vari Cobas che spuntano come funghi. Il fenomeno ha contagiato anche le organizzazioni datoriali. Cresce il consenso per l’approvazione di una nuova legge sulla rappresentatività, ma sulla regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici invece è arrivato lo stop di Cesare Damiano e anche il governo frena. Ci vorrebbe più coraggio, i cittadini lo apprezzerebbero.

Trasporto pubblico: l’abuso dello sciopero va fermato

Anche oggi Roma e Napoli saranno paralizzate dallo sciopero dei pubblici servizi ed in particolare dei trasporti. Per quale ragione sia stato proclamato questo sciopero non è chiaro, dopo che quello di qualche settimana fa era stato giustificato dalla necessità di riaffermare il diritto dei lavoratori a scioperare. Poiché nel frattempo non è intervenuto alcun impedimento al libero esercizio dello sciopero non sembra esserci la necessità di farne ancora uno con il rischio di esasperare ancora di più la gente che non può recarsi al lavoro, o spostarsi con facilità.

È vero che in Parlamento si sta discutendo sulla necessità di fissare per legge dei criteri oggettivi per stabilire la rappresentatività dei sindacati e delle associazioni dei datori di lavoro, in modo da basare la contrattazione collettiva su dati capaci di certificare la rappresentatività di coloro che stipulano un contratto evitando così una pericolosa rincorsa di sigle più o meno fasulle a stipulare contratti che poi vengono estesi a migliaia di lavoratori ignari. E questo fenomeno sta diventando preoccupante sia dal lato sindacale, dove stanno spuntando come funghi tanti cobas che esercitando un potere ricattatorio verso i datori di lavoro mirano a conquistare spazi di consenso e di privilegio, sia dal lato dei datori di lavoro dove stanno sorgendo associazioni che con la scusa di rappresentare segmenti nuovi del sistema produttivo, tentano di trovare spazi autonomi nel sistema della contrattazione.

Il problema non è ovviamente quello di comprimere il pluralismo o la libertà di associazione, ma quello di capire esattamente quale sia la consistenza della sigla sindacale o datoriale che si siede al tavolo della contrattazione. Da questo scaturisce ovviamente la possibilità di mettere regole più chiare su chi è titolato a proclamare uno sciopero ed eventualmente con quali modalità tale manifestazione può essere fatta, specie nel delicato settore dei servizi pubblici dove spesso basta un piccolo sindacato con un numero limitato di iscritti per bloccare il funzionamento dell’intero servizio.

Mentre sul primo aspetto e cioè quello della misura della rappresentatività sembra che ora le principali centrali sindacali siano concordi sulla necessità di una legge, anche le principali organizzazioni dei datori di lavoro sono arrivate alla conclusione che il problema della frantumazione della rappresentanza sta insidiando il loro ruolo e creando confusione nel sistema contrattuale.

Sulla necessità di regolamentare meglio gli scioperi nei servizi pubblici le difficoltà sono maggiori. Il presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, insieme al sen. Pietro Ichino, hanno predisposto una bozza di legge in proposito, ma la discussione è stata per ora bloccata dalle perplessità di Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, e dallo stesso Governo che prima di affrontare un tema così spinoso vuole probabilmente fare delle verifiche sia all’interno del PD, sia tra i vari partiti che compongono la sfrangiata maggioranza che regge Gentiloni. Eppure si tratta di un provvedimento di buon senso, probabilmente popolare, dato che i cittadini non ne possono più dell’arroganza degli addetti a certi servizi essenziali che già sono dei privilegiati per la sicurezza del posto di lavoro e per la scarsa produttività, e che per di più penalizzano l’intera popolazione per motivi che spesso hanno a che fare più con la lotta interna tra le varie sigle sindacali che con il buon funzionamento dei servizi stessi.

Ma considerato che anche le grandi confederazioni sindacali questa volta sembrano intenzionate a mettere un po’ di ordine, sarebbe interesse dello stesso governo appoggiare una iniziativa parlamentare. Lo stesso, è forse ancora di più, vale per Matteo Renzi ed il Pd che, potrebbe ritrovare in questa iniziativa la possibilità di recuperare con fatti concreti quello spirito riformista che negli ultimi tempi appare quanto meno appannato.

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