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Macron, Corbyn e i loro effetti sui mercati

Il clamoroso successo di Macron che in Francia ha stravinto le elezioni asfaltando i vecchi partiti e l’imprevista crescita del leader laburista Corbyn in Gran Bretagna che sta umiliando la May sono i fatti nuovi della primavera politica europea – Ecco quali sono i loro effetti sui mercati finanziari.

I mercati finanziari americani continuano a guidare il nuovo mondo dell’industria 4.0, del fintech e del VIX, ai minimi senza nessuna battuta d’arresto sugli indicatori e con la consapevolezza che l’inflazione crescerà con grande moderazione e senza mettere pressione sulle prossime decisioni della Fed.

Nessuna bolla o nube sui cieli americani né sui mercati asiatici, che sono ben focalizzati sull’entrata della Borsa cinese nel Morgan Stanley Capital Index, con un’insolita iperattività, nonché sui successi della politica del Premier giapponese Abe. E questo offre spazio ai mercati europei, che in caso di una correzione dagli Usa ne sarebbero risucchiati, ma ora possono concentrarsi sulle dinamiche politiche di una nuova democrazia sociale, che ha un volto giovane dato dal rinnovamento di Macron (il quale ha asfaltato i vecchi partiti lasciandosi alle spalle anche il suo “ex capo” Hollande) e un volto maturo e che parla alla gente, quello di Jeremy Corbyn. Dopo aver rafforzato il partito laburista alle recenti elezioni, il capo dell’opposizione britannica raccoglie ulteriori consensi dopo la tragedia della Grenfell Tower e tutte le contraddizioni di una vicenda con implicazioni gravi per il governo May.

Due miracoli posizionati differentemente nell’agone politico: Macron che trova nelle legislative le conferme di una maggioranza schiacciante, mentre Corbyn, dopo aver recuperato gran parte dei 24 punti di svantaggio rispetto al partito conservatore della premier May, incrementa il numero dei seggi come mai era successo negli ultimi venti anni . Due uomini politici da record e due reduci del socialismo, con un Macron più centrista e un Corbyn saldo a sinistra più che mai.

Ma entrambi portatori di valori che incarnano una nuova democrazia sociale, che offre obiettivi costruttivi e che parla alla gente partendo da due piani economico sociali certamente differenti ma entrambi efficaci per la realtà di due Paesi duramente messi alla prova dalla minaccia terroristica.

Sì, perché su sicurezza e politica estera la posizione di questi due leader è netta e intransigente come deve essere quando si affronta uno stato di emergenza che spaventa la cittadinanza e condiziona l’economia e il viver civile di Paesi che restano cruciali per gli equilibri mondiali.

Intanto i colloqui per la Brexit sono stati avviati, ma è chiaro che May non è una controparte affidabile e di fatto è stata sfiduciata dal recente voto , nel quale invece cercava un forte sostegno popolare che è mancato. I recenti fatti britannici hanno complicato il quadro politico, con Corbyn e il sindaco di Londra che assaltano il fortino di Westminster, mentre la Premier è ormai l’ombra di se stessa e si nasconde dietro il suo ministro degli Esteri – nonché folle ideatore della “Easy Brexit” – Boris Johnson.

E come se non bastasse, le case di rating continuano a lanciare moniti su ulteriori downgrading per la Gran Bretagna che stanno affossando la sterlina inglese e costringendo il Governatore della Banca Centrale Carney a frenare su prossimi rialzi dei tassi.

Dal punto di vista dei mercati dei titoli di Stato, la Spagna arretra mentre gli Oat francesi restano ai massimi, con ingenti posizionamenti da parte dei fondi dedicati, supportati anche dai buoni dati dei flussi che copiosi arrivano sui mercati azionari europei, proseguendo una serie positiva di 12 settimane che non si vedeva dal dicembre 2015. Flussi quindi ancora positivi per mercati americani ed europei, a discapito dei Paesi emergenti, che stanno perdendo momentum. O meglio, dopo una performance che ha superato il 17% da inizio anno sul MSCI Emerging Markets, prevalgono i realizzi come bilancio del primo semestre.

Anche il fronte Est europeo perde attrazione, perché condizionato dalla questione migranti che nell’Ue resta un fronte aperto con l’incipit sanzionatorio verso Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca che non rispettano gli accordi sul ricollocamento dei richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia siglato nel 2015, tanto che su 160 mila persone ne hanno accolte meno di ventimila. A dimostrazione che si dovrà ricorrere a ritorsioni sui fondi strutturali europei che questi paesi recepiscono, visto che non solo no rispettano gli impegni presi, ma neanche sembrano intenzionati ad entrare nell’Eurozona. E gli investitori quindi stanno alla larga.

Mentre l’assedio a May prosegue e i mercati non si rassegnano alla Brexit, ora tutta l’attenzione è per la riforma del mercato del lavoro di Macron: il tempo stringe e bisogna fare presto, prima le elezioni tedesche di settembre, perché già con il vertice di luglio tra Francia, Germania e Italia si getteranno le basi per un piano definitivo della Riforma dell’Eurozona. Chissà che l’Italia non prenda esempio dalle campagne elettorali dei partner europei per tornare a considerare le istanze socio economiche come la priorità. Potrebbe emergere un leader alla guida di un rinnovamento politico che ci permetta di stare al tavolo dei Grandi, dei Paesi che contano nell’Eurozona, evitando così di perdere il consenso dei mercati.

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