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Il voto francese, l’astensionismo e i mercati

Il duello tra Macron e Le Pen si gioca essenzialmente sul tasso di astensionismo ma un testa a testa tra i due candidati non piacerebbe ai mercati finanziari – Le incognite non finiscono domani: ci sono anche le elezioni politiche francesi di giugno, la stretta su Brexit e il primo viaggio in Europa del presidente Trump

Il voto francese, l’astensionismo e i mercati

Esattamente come nel caso delle elezioni Usa, anche per le elezioni francesi ci troviamo davanti a due candidati sui quali i cittadini dovranno scegliere per il meno peggio. Com’è stato evidente anche nell’ultimo dibattito televisivo, da un lato la destra estrema schiera una Marine Le Pen paladina del popolo, dell’intransigenza verso i costi e le derive dell’ondata migratoria da Africa e Medio Oriente, della lotta al lassismo giudiziario che ha portato la Francia a sottovalutare la minaccia terroristica e alla desertificazione della copertura sanitaria nelle zone più periferiche del Paese e del diritto dei malati ad una spesa sanitaria corretta.

Mentre lontano ma non troppo dal partito repubblicano il giovane Macron si presenta come l’economista competente sulle ricette perfette per finanziare i tagli alle tasse e le misure fiscali e monetarie necessarie a far ripartire il Paese. È arrogante e preparato ma quando la Le Pen lo mette all’angolo sui temi sociali, della legalità e del terrorismo islamico, si difende e risulta meno convincente.

La situazione economica francese evidenzia il fallimento del Governo Hollande, che non è riuscito né a diminuire la disoccupazione giovanile né a risolvere lo spinoso problema della riforma del Lavoro e tanto meno ad arginare il peggioramento delle condizioni di vita di pensionati e giovani coppie.

Ma il risultato elettorale si giocherà principalmente su un tasso di astensionismo stabile tra il 25 e il 30%, che già nel primo turno è stato inferiore alle aspettative, e sul trasferimento dei voti degli altri candidati presidenziali che hanno dovuto abbandonare la corsa. Secondo le indicazioni pubbliche, circa un terzo dei votanti di Melenchon voterà per Macron mentre i sostenitori di Fillon dovrebbero votarlo compatti.

C’è un altro aspetto delicato legato che riguarda il voto della comunità mussulmana, ormai formata da oltre 6,5 milioni di persone, pari al 10% della popolazione, perlopiù derivante da una migrazione dai Territori d’Oltre Mare e dalle ex colonie. Si tratta quindi cittadini e votanti a tutti gli effetti: il loro è un voto che pesa e che ha visto nel passato fronteggiarsi la prima generazione d’immigrati con quella dei “nuovi arrivati”. Oggi, con il diffondersi dei fenomeni di radicalizzazione e islamizzazione di porzioni di territorio sempre più ampie, queste persone beneficiano di fondi proveniente dal Qatar e da altri Paesi del Golfo rivolti anche a costruzioni di moschee e a sostegno di associazioni sportive e centri culturali strettamente monitorati a causa del ripetersi degli attentati terroristici nel Paese. Il caso dell’isola di Mayotte, poi, dove i giudici islamici hanno ottenuto di poter esprimersi su casi di giustizia civile a spese dello Stato e in barba alle leggi della Repubblica, rappresenta un altro motivo di grande discontento da parte di chi ha sostenuto gli altri candidati e ora non vede un piglio decisionista chiaro nelle politiche di Macron sulla messa in sicurezza del Paese.

Domenica sera per cena arriveranno i primi dati ma già nel pomeriggio se l’astensionismo dovesse superare quota 30% il rischio di un sorpasso della Le Pen è concreto, così come quello di un testa a testa 55-45%, che comunque non piacerebbe ai mercati europei, dove si è festeggiato prima del tempo il risultato del ballottaggio.

L’ultimo scandalo reso pubblico nell’imminenza del voto riguarda un finanziamento da parte di una banca russa (FRCB First Csech Russian Bank) per oltre 9 milioni di euro garantiti al Front Nationale dal 2014 come finanziamento statale per il periodo 2015-2019.Un fido necessario secondo la Le Pen a causa della ritrosia delle banche francesi a supportare finanziariamente il Front National.

Dopo il giuramento del Presidente e la nomina del Primo Ministro prevista per il 14 maggio, ci saranno le elezioni generali dell’11 e 18 giugno, dove l’eventuale vittoria e riconferma di Macron si scontrerà con la realtà di definire un appoggio e le alleanze con i partiti per la formazione di un nuovo Governo. L’Unione europea, stretta tra Brexit e il duello francese, attende il viaggio ufficiale di Trump la prossima settimana e quindi le sorprese non mancheranno certamente, così come una buona dose di volatilità in vista di un prossimo rialzo dei tassi Fed a giugno, giusto per riportarci alla realtà di una congiuntura comunque più favorevole ai mercati azionari che mai.

Se a fianco di Theresa May e della Merkel dovessimo trovarci la Prima Presidente nella storia della Francia, l’eventuale correzione non sarà drammatica, perché le strampalate idee su Frexit e sul ripristino del franco francese, vero tallone d’Achille della leader del FN, non sono attuabili secondo la legge francese se non attraverso un percorso irto di ostacoli e di possibili cadute di fronte ad un voto parlamentare imprescindibile. E sulla smania di potere di entrambi i candidati, che sono ugualmente propensi a stare in sella il più a lungo possibile per segnare un record come prima donna e/o uomo più giovane al Governo, si gioca la disputa sul prestigio di una Francia alla ricerca di un riscatto ancora lontano.

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